Il “green” resiste alla crisi e diventa un valore competitivo

Se c’è un valore che la crisi economica non è riuscita a spazzare via, questo è sicuramente l’ecologia: la riduzione delle emissioni, il risparmio di risorse, in una parola il “green”. Durante la crisi, nessuno, sia a livello politico sia a livello economico ha pensato di sacrificare pubblicamente l’ecologia per sostenere le aziende in crisi, a partire dal presidente Barack Obama che ha chiaramente fatto capire che i finanziamenti al settore dell’auto sarebbero stati condizionati dalla pianificazione di politiche “green”, fino all’Unione Europea che ha stabilito soglie progressivamente sempre più stringenti per le emissioni, sia sui veicoli che sui carburanti. Le aziende che si sono mosse in anticipo su questo fronte, realizzando e applicando una car policy “verde” ne hanno tratto grandi vantaggi economici: hanno rinegoziato i vecchi contratti di noleggio, sostituendoli con nuovi accordi più lunghi, prima dell’incremento dei canoni generalizzato avvenuto negli ultimi dodici mesi; hanno beneficiato di veicoli meno costosi, pur salvaguardando l’Immagine e lo “status” dei driver (“downsizing” delle vetture con riduzione della cilindrata a parità di potenza); hanno ottenuto risparmi importanti nei consumi di carburante, tra l’8 e il 15 percento; infine, hanno contribuito ad una sostanziale riduzione delle emissioni di CO2, concretamente misurata attraverso la reportistica dei consumi fornita da noleggiatori e gestori di fuel card. Chi invece è stato alla finestra, ha aspettato, oppure ha pensato di aggirare il problema introducendo green policy approssimative e fuorvianti con il solo intento di salvaguardare la propria immagine aziendale, ha perduto una grande opportunità non solo di risparmiare, ma di reindirizzare i valori connessi all’auto aziendale e percepiti dagli utilizzatori in una direzione innovativa, moderna e al passo con il futuro.
Forse è venuto veramente il momento di considerare il “green” come un valore competitivo, non come un “male necessario”, per cominciare a rimodellare la cultura aziendale legata all’auto e per anticipare le regole sempre più stringenti che il legislatore detterà in futuro.

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