Si fa sempre un gran parlare di Green Car Policy, ma qual è la reale situazione delle aziende italiane? Ci viene in aiuto una recente ricerca commissionata da Acquisti & Sostenibilità a OD&M (Organization Design & Management), che ha analizzato le risposte di oltre 80 imprese e circa 300 driver assegnatari di auto aziendale. La fotografia che emerge offre risultati sorprendenti, con poche luci e molte ombre.
Soltanto il 29% delle aziende intervistate ha implementato una Car Policy Green (soprattutto le grandi imprese), ma basata comunque su elementi poco innovativi: in gran parte introducendo limiti di cilindrata (downsizing motoristico), di emissioni e di sistemi per il monitoraggio dei consumi di carburante. Poco utilizzate sono invece le strategie “globali” (il telelavoro, l’utilizzo dei mezzi pubblici per gli spostamenti di lavoro, gli apparati tecnologici per il controllo della guida eccetera). Anche le Car Grid sono poco innovative: scarsamente utilizzate le vetture ad alimentazione alternativa e quasi assenti le auto a impatto zero. Il tutto, nonostante la presenza sempre più diffusa nelle aziende della figura del CSR Manager (ce l’ha il 33% degli intervistati).
Molto contenuti gli obiettivi da raggiungere che le aziende hanno fissato: in media una riduzione delle emissioni di flotta del 10%. Le imprese italiane, insomma, sono molto più orientate al raggiungimento di obiettivi “concreti”, come per esempio il contenimento dei costi di gestione (73% delle risposte). Questa visione “miope”, fa trascurare il fatto che una Policy realmente green potrebbe portare, nel medio periodo, anche a un considerevole contenimento dei costi.
A “tirare il freno” nei confronti di una Policy più green sono sia il management sia i driver che, vedendo l’auto aziendale come un benefit e come parte della compensation (l’auto è il benefit più importante per il 92% dei lavoratori che ce l’hanno) , temono di vedere ridotti i propri “diritti” . E accampano la classica scusa: “se lo Stato desse un contributo economico sostanzioso, allora…”.
Dove invece la coscienza ecologica ha fatto passi da gigante è sul versante della disponibilità a compiere passi in avanti: ben il 65% degli intervistati sarebbe disposto a ridurre le emissioni della sua prossima vettura anche del 20% rispetto a quella utilizzata attualmente. Passa “alla grande” anche il concetto di “pagare di più se si inquina di più” (giusto per l’84 degli intervistati). Tra i sistemi motoristici che garantiscono un impatto più soft sull’ambiente, la soluzione preferita dai più è il “full hybrid” (48%) e il “mild hybrid” (22%). Convincono poco, invece, le elettriche e le auto alimentate a gas. Ma si tratta di “dichiarazione di intenti”, che poi si scontra con una realtà meno efficiente in termini di ecologia.
Nettamente distinti i pareri di donne e uomini: questi ultimi sono ancora legati a un concetto di auto aziendale tradizionale: dovendo scegliere tra un’auto più ecologica o più accessoriata, le donne propendono decisamente per la prima (82%), mentre i driver di sesso maschile si dividono equamente a metà tra un’opzione e l’altra.
Insomma: c’è ancora parecchia strada da percorrere, in ottica green. E non appaiono sufficienti le dichiarazioni d’intenti, sia delle imprese, sia dei driver. Ecco perché le auto veramente ecologiche costituiscono una quota assolutamente minimale delle flotte aziendali. E le prospettive di crescita, a mio avviso, saranno lente. Lentissime…