Mobilità quali le prospettive per la fase due?

Le strade italiane durante il lockdown assomigliavano a quelle di “Last man on earth” (classico dell’horror italiano del ‘64, di cui i più ricorderanno il remake “Io sono Leggenda” con Will Smith): strade deserte, file di uomini pallidi in lenta processione sui marciapiedi (per fare la spesa), mentre le auto giacevano inutili e abbandonate al bordo della strada e nei parcheggi, al pari degli altri mezzi di trasporto.

Tuttavia, con l’inizio della Fase 2 e le sue nuove regole, viene da chiedersi se questa possa davvero la fine dell’”incubo” o, al contrario, l’inizio di un incubo peggiore, dedicato questa volta alla mobilità dei cittadini.

Infatti, se all’inizio del lockdown c’era la speranza che si sarebbe potuto debellare dal Paese il COVID-19 e tornare alla normalità con poche – ma neanche tanto poche – settimane di stop, ora è chiaro a tutti che questo morbo infausto continuerà a farci compagnia ancora per lungo tempo e starà al Governo e, forse, ancor di più alle imprese e cittadini – con la loro inventiva capacità di adattamento – trovare il modo di far funzionare la società e l’economia anche durante questa emergenza.

Perché se è presto per dire se questa pandemia cambierà per sempre il nostro modo di vivere, lavorare e spostarsi, è invece certo che nessun lavoratore o azienda si può permettere di aspettare passivamente che la pandemia finisca, pena l’estinzione.

Ormai sappiamo che anche nella Fase 2 saranno vietati gli spostamenti tra Regioni, gli spostamenti “sociali” all’interno delle Regioni saranno limitati a quelli verso i familiari e i tanto dibattuti affetti stabili (i.e congiunti, e qui si potrebbe aprire una interessante parentesi sui virtuosismi linguistici del legislatore italiano negli ultimi cinquanta anni e delle loro conseguenze, spesso nefaste). Restano poi consentiti gli spostamenti dovuti a comprovate esigenze lavorative, da stato di necessità o per motivi di salute.

Questo, in combinazione con l’allargamento della lista delle attività economiche consentite, porta ad un aumento del numero delle persone che hanno la possibilità di spostarsi, pur rimanendo ancora molto lontani dalle condizioni ante lockdown.

Una stima prudente parla di circa 4.4 milioni di italiani che tornano progressivamente al lavoro, tuttavia, come si muovono e muoveranno tutte queste persone fintanto che il virus non sarà debellato resta un tema dibattuto e rispetto al quale con l’inizio della fase 2 il Governo non ha ancora dato una direzione chiara.

Sicuramente molte persone non potranno fruire del trasporto pubblico, poiché le prescrizioni sanitarie, stando alle stime delle aziende interessate, ne riducono la capacità di oltre due terzi.

Senza contare che molti cittadini, per maggiore cautela, vorranno evitare l’utilizzo dei mezzi pubblici temendo il rischio di contagio.

Quindi, come da tradizione per il popolo italiano, molti ricorreranno all’auto privata ma, oltre al rischio di congestione del traffico nelle grandi città, c’è da chiedersi quali potranno essere le alternative per coloro che non possono o semplicemente non vogliono, dotarsi o comunque utilizzare per i propri spostamenti lavorativi un’auto di proprietà.

In tale contesto, sembra che proprio in queste ore il Governo stia valutando la possibilità di erogare un incentivo dedicato alla cd. “mobilità alternativa”.

In particolare, si discute sulla possibile erogazione di incentivi (il cui ammontare dovrebbe essere pari a 200 Euro) per i residenti nelle città metropolitane e aree urbane con più di 60.000 abitanti, per l’acquisto di biciclette, anche a pedalata assistita, nonché di veicoli per la mobilità personale a propulsione prevalentemente elettrica, quali segway, hoverboard e monopattini, ovvero per l’utilizzo dei servizi di mobilità condivisa a uso individuale.

Si tratta senz’altro si una misura lodevole nelle intenzioni (sempre che venga effettivamente adottata) in quanto finalizzata da un lato a limitare il traffico nei centri urbani e, dall’altro, a colmare le carenze del trasporto pubblico il quale, stanti le limitazioni previste, non riuscirà a garantire la stessa fruibilità di prima.

Ciò detto, l’iniziativa rischia di avere scarsa efficacia in quanto sarà difficile conciliare i limiti di autonomia e i tempi di ricarica con le grandi distanze delle metropoli e con i ritmi frenetici della vita quotidiana. Sul punto, è evidente che biciclette (con o senza pedalata assistita), segway, monopattini & c. nella maggioranza dei casi sono mezzi funzionali nelle grandi città solo per il c.d. “ultimo miglio” e non per l’intero tragitto casa-lavoro, senza contare che in molte grandi città (si pensi ad esempio a Roma) le piste ciclabili sono insufficienti e quelle che ci sono coprono tratte non del tutto funzionali alla mobilità cittadina.

Sotto altro profilo, chi avesse necessità di spostarsi da un comune all’altro, senza utilizzare i mezzi pubblici, non potrebbe certo farlo utilizzando una bicicletta o un monopattino elettrico.

Da ultimo, la lodevole iniziativa di mobilità alternativa stride rispetto all’attuale chiusura dei negozi di bici e monopattini. Sul punto, infatti, si segnala che il “4 maggio” ha rappresentato il giorno della riapertura per molte attività ma non per i negozi interessati i quali, ovviamente, hanno sollevato vibranti proteste.

Bene allora, sotto un profilo di concreta fruibilità per i cittadini, l’inclusione nel bonus in discussione anche dei servizi di mobilità condivisa (car/bike/scooter sharing), che già avevano dato prova della loro utilità ben prima della pandemia.

Senza dilungarci, prima del Covid-19, il car sharing stava finalmente iniziando a ritagliarsi un suo spazio anche nel nostro Paese, da sempre ancorato all’anacronistico status symbol della macchina di proprietà.

Le aziende attive in questo settore sono aumentate in questi anni e le iscrizioni ai servizi di car sharing hanno di gran lunga superato il milione di utenti. La flotta di veicoli (principalmente cd. “free floating”) è in continuo aumento e negli ultimi anni ha fatto registrare percentuali di crescita esponenziali.

Tuttavia, eccezion fatta per lo sharing di motocicli e biciclette (dove con guanti e casco propri si può fare un utilizzo ragionevolmente sicuro rispetto al rischio di contagio), molto della fruibilità dei servizi del settore per la fase 2, si giocherà sulla capacità degli operatori di rassicurare gli utenti circa la possibilità di utilizzare i veicoli in sicurezza.

Esistono diversi validi sistemi di igienizzazione dei veicoli, già largamente adottati ad esempio dagli operatori dell’autonoleggio, tuttavia, la capacità degli operatori del car sharing di sanificare i veicoli dopo ogni noleggio sarà fondamentale.

Sempre sul tema car sharing, infine, è bene considerare che la maggior parte delle aziende è attiva con la propria flotta nel nord Italia (Milano è senza dubbio la “Capitale dello sharing”). Di fatto, ad oggi, gran parte del centro-sud Italia e tagliato fuori dal settore in quanto non sono presenti servizi di mobilità condivisa.

E a proposito di autonoleggio “tradizionale”, stupisce che questo settore non venga considerato dal Governo quale ulteriore risorsa per la mobilità nella Fase 2.

Parliamo di un settore che nel 2019, ha fatto registrare “numeri” veramente considerevoli: oltre 7 miliardi di fatturato complessivo, oltre 8000 addetti (e con un indotto di oltre 20.000); circa 500.000 immatricolazioni di veicoli nuovi (pari al 25% del totale nazionale); una flotta di circa 1,2 milioni di veicoli (tutti rigorosamente Euro 6); nonché il principale “produttore” del cosiddetto “usato aziendale”.

Un settore quello dell’autonoleggio che forte di una presenza capillare sul territorio, di fatto, negli ultimi anni ha rappresentato un volano essenziale sia per il mercato dell’auto che per il rinnovamento del parco veicoli italiano ma che, a causa del lockdown, ha visto praticamente azzerati i volumi di noleggio (nel solo settore del “breve termine” si parla addirittura di un calo del 90% dei volumi) e che vede scarse prospettive di recupero nella Fase 2, visto il perdurare di forti limitazioni alla circolazione e l’atteso crollo del turismo straniero (e forse non solo quello) in Italia, quantomeno per l’anno in corso.

Nonostante la sua rilevanza, vale ricordare che il settore dell’autonoleggio soggiace da tempo a regole anacronistiche quali ad esempio il regime della solidarietà per le sanzioni al codice della strada (che rende di fatto impuniti gli automobilisti e aggrava di oneri considerevoli gli operatori), il limite della destinazione d’uso (che ne impedisce l’utilizzo per settori quali taxi e noleggio con conducente), per non parlare del machiavellico regime dell’anagrafe degli autoveicoli, solo per dirne alcune, che da tempo ne rallentano la crescita soprattutto rispetto agli operatori degli altri paesi europei.

Inoltre, il settore non è al momento destinatario di alcuna particolare iniziativa di tutela da parte del Governo e se, sicuramente, gli ammortizzatori sociali e l’accesso ai finanziamenti garantiti dallo Stato (ancora tuttavia da erogare), potrebbero essere utili per superare la paralisi del mercato portata dal lockdown, l’unica seria iniziativa che potrà consentire alle aziende del settore di superare la Fase 2, sarà quello di sostenere la domanda di autonoleggio con incentivi per la fruizione del servizio da parte di imprese e cittadini.

In sostanza, si auspica che l’incentivo di cui si discute in queste ore possa essere utilizzato dai cittadini anche per noleggiare un veicolo (a breve, medio o lungo termine) presso una delle tante società operanti nel settore.

In questo modo, l’incentivo non sarà più solo una chiave per la mobilità dei cittadini ma – magari accompagnato da un serio e ragionato ammodernamento del quadro normativo di riferimento – potrà anche rivelarsi uno strumento essenziale per preservare un settore vitale per il mercato dell’auto per il Paese e rilanciarlo in momento così delicato.

D’altro canto, considerati anche i positivi esiti del lockdown sulla salute del nostro pianeta, è evidente che quella della mobilità alternativa rappresenta la vera sfida per il Governo, le Istituzioni e noi cittadini per la ripartenza del paese. Una sfida che potrebbe cambiare volto alle nostre città ed al nostro modo di muoverci nel quotidiano. Una sfida da raccogliere adesso, senza ulteriori attese, perché se da queste ore le strade non sono più deserte come in quel film horror di fine anni 60, neanche vogliamo che diventino quelle di un nuovo film apocalittico sul traffico e l’inquinamento.

Autori: Avv. Benedetto Blasi, Avv. Marco Boggia

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