Una politica per le flotte del futuro

Per permettere alle aziende di pianificare le flotte del futuro è necessario operare in un quadro legislativo certo. Se l’Unione Europea e singoli paesi come la Germania e la Francia hanno intrapreso iniziative mirate per realizzare progetti ambiziosi (in particolare la Germania che ha pianificato la possibilità di un parco circolante di un milione di auto elettriche nel 2020 ed ha costituito un’agenzia per lavorare al raggiungimento di questo obiettivo) nel nostro paese il quadro legislativo è molto carente. Non è certo nostra intenzione reclamare nuovi incentivi: quelli assegnati nel 2009 hanno dimostrato di non essere in grado di risollevare il mercato dell’auto da una crisi strutturale, ma solo di aver ritardato il crollo delle vendite. E poi gli incentivi per le auto aziendali non ci sono mai stati, perché il Governo aveva l’obiettivo di dismettere il parco circolante di veicoli molto vecchi (addirittura Euro 0) e questo non è certo il tipo di veicoli che circolano nelle flotte, che normalmente hanno un’anzianità contenuta, tre o quattro anni al massimo. Ciò di cui lamentiamo la mancanza è un chiaro indirizzo di politica economica che sia manifestazione delle scelte del paese in fatto di mobilità verde. Sappiamo, infatti, che le attuali tecnologie disponibili avranno cicli di vita differenziati e incerti, se le iniziative di politica economica non guideranno gli utilizzatori privati e aziendali nelle loro scelte, attraverso un adeguato sostegno normativo che non dovrà obbligatoriamente tradursi in incentivi, ma potrà delineare un percorso di differenziazione di trattamento nel tempo, a livello fiscale per esempio, a favore delle auto più ecologiche.
Molti esperti indicano nell’auto elettrica la soluzione di lungo periodo e in tale senso si era mosso uno schieramento politico bipartisan che, nel secondo semestre dello scorso anno, ha elaborato la proposta di legge n° 3553 per realizzare un piano di agevolazioni, coinvolgendo tutti gli enti interessati (Stato, regioni, province e comuni) a livello di fisco, incentivi, socializzazione di costi per le infrastrutture di ricarica e facilitazioni alla circolazione. Senza dimenticare gli accordi tra Governo e produttori. La proposta era molto ben documentata e coglieva nel segno in più punti: individuava correttamente una previsione di crescita catastrofica del numero di autoveicoli (fino a +1,6 miliardi di vetture nel 2030, in pratica circoleranno più del triplo delle vetture attuali a causa dell’effetto crescita di Brasile, Cina e India), avvertiva di una minaccia di tipo geopolitico sugli approvvigionamenti di petrolio da paesi a rischio (e dopo quanto successo recentemente in Nord Africa tale avviso appare profetico) e infine indicava nel 25-30% la quota di mercato italiano dell’auto indirizzabile con certezza verso il prodotto elettrico.
Da allora sappiamo tutti cosa è successo in Parlamento e su quali temi si sia rivolta l’attenzione politica, ma è necessario più che mai recuperare al più presto una politica economica a favore dell’auto “verde”: le automobili sono considerate forse la maggior fonte d’inquinamento, un programma coordinato a livello locale e di UE è il presupposto fondamentale non solo per porre i fondamenti di un mondo meno inquinato, ma anche per convincere le aziende, sempre attente al ritorno dei loro investimenti, a parteciparvi con più entusiasmo.

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