Aumento dell’Iva: necrologio per l’automotive

Il countdown è iniziato: a fine ottobre dovrebbe esserci la seconda tranche dell’aumento dell’Iva che, per l’aliquota più alta oggi al 21%, potrebbe salire al 22%. Diversamente da quanto avvenuto a giugno, in cui buona parte degli schieramenti dell’arco costituzionale in Parlamento erano favorevoli a un rinvio dell’incremento (obiettivo poi raggiunto in extremis), nel momento in cui scrivo questo post sembra che ben pochi politici abbiano preso a cuore la vicenda, che sarebbe la mazzata finale per il mercato dell’automobile (ma non solo per questo comparto).

Tutti presi dall’“affaire Berlusconi” e dalla conseguente tenuta del Governo Letta, i nostri rappresentanti istituzionali forse non si rendono conto di quali ricadute avrebbe sull’economia reale un provvedimento di tal genere. Giova forse ricordare quale sia la situazione del mercato dell’auto. Ad agosto le immatricolazioni sono scese (“soltanto” del 6,6%) per il TRENTANOVESIMO mese consecutivo. Il totale delle nuove targhe nei primi 8 mesi del 2013 ha superato di poco le 900.000 unità (erano quasi un milione nello stesso periodo del 2012, anno tra i peggiori della nostra storia). Tutto ciò mentre nel resto d’Europa le vendite d’auto fanno segnare un timido saldo positivo, soprattutto nei Paesi automobilisticamente più rilevanti, anche se di poco, e in Gran Bretagna sono ripartite alla grande (lungimiranza nel tenersi alla larga dalla moneta unica? Mah…). Andando avanti così, gli automobilisti italiani si rassegneranno a circolare in bicicletta. E non è una battuta: non a caso, per la prima volta nella storia della Repubblica, il mese scorso le vendite delle due ruote a pedali hanno superato le vendite delle quattro ruote.

Che impatto avrebbe questa ennesima stangata sull’auto? L’aumento di un punto percentuale sull’Iva si tradurrebbe in una crescita dei prezzi dei beni di consumo d’uso corrente di pochi centesimi, dunque con conseguenze quasi ininfluenti sulle capacità di spesa delle famiglie (ed è proprio questo il principio sui cui contano i “tartassatori di Stato” per far passare sotto silenzio la manovra). Ma sull’automobile si tradurrebbe, secondo i calcoli della Federauto, l’associazione dei concessionari, in un aumento medio dei prezzi delle automobili di 170 euro. Che, aggiunge il sottoscritto, diventerebbero non meno di 250 euro per le flotte aziendali. Sappiamo infatti che il prezzo medio di un’auto aziendale è ben superiore rispetto a quello delle vetture acquistate dai privati.

A ciò si aggiungono le conseguenze, ulteriormente devastanti, sulle spese di manutenzione e di tutte le operazioni che fanno da corollario nella vita utile di un’automobile, anch’esse gravate del medesimo incremento dell’Iva.

Insomma, possiamo stimare spannometricamente un aggravio dei costi per ciascun veicolo in flotta, di almeno 500 euro in più all’anno. Secondo voi tutto ciò costituirà un volano per l’economia del nostro Paese? Nossignori! Il fatto che l’automobile, dalla produzione alla distribuzione, all’assistenza generi l’11,4% del Pil e partecipi per il 16,6% alle entrate fiscali dell’Italia, renderebbe il comparto dell’Automotive meritevole di un’attenzione differente, che non sia sempre e soltanto punitiva? Evidentemente la risposta è ancora “no”.

L’auto è una vacca da mungere finché muore. Però i nostri governanti dovrebbero sapere che la filiera dell’automobile occupa 1,2 milioni di addetti, molti dei quali, dopo questa ennesima mazzata andranno a ingrossare le fila di coloro che campano grazie agli ammortizzatori sociali, sempre che ne abbiano diritto (e molte figure professionali che operano nella distribuzione non ce l’hanno…).

Insomma, se l’Iva aumenterà, iniziamo a recitare il de profundis per un mercato che un tempo nemmeno tanto lontano (il 2007) riusciva ad assorbire 2,5 milioni di auto nuove e 5 milioni di usate. Non sarebbe invece meglio iniziare a parlare di rivisitare il sistema di tassazione sull’auto, di abolizione dell’inutile superbollo (che non porta nulla all’Erario), di stimolare la domanda di veicoli a basso impatto ambientale, di migliorare la qualità dell’aria nelle città, di incrementare la sicurezza sulle strade (diminuendo conseguentemente il costo sociale per morti e feriti)? Questi sì sarebbero provvedimenti utili alla ripresa della nostra tanto bistrattata economia…

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