
Questo mese presentiamo le evidenze di un’indagine sulle conseguenze dello scandalo “Dieselgate” nelle flotte aziendali e un approfondimento per comprendere quali decisioni potranno essere adottate dai gestori di flotte nel breve e nel medio/lungo periodo.
SITUAZIONE INIZIALE
GR advisory, società leader nella consulenza sulle flotte aziendali, ha confrontato l’opinione di un panel rilevante di aziende a proposito delle rivelazioni sui valori truccati delle emissioni di alcune case automobilistiche, attraverso una instant survey effettuata “a caldo” nel periodo 12-30 ottobre e condotta su 200 fleet manager.
Oltre ad una forte perplessità, quello che emerge dalla survey – le cui evidenze sono riportate nella infografica qui sotto – è che la maggior parte dei gestori di flotte, pur sottolineando la gravità dei fatti, rimane in attesa dell’evolversi della situazione. Sono in molti a ritenere che quanto accaduto condizionerà in qualche misura la scelta delle auto, anche se le incongruenze e le differenze spesso importanti tra emissioni dichiarate e quelle reali, verificate attraverso strumenti come la black box, era note già da tempo.
PROBLEMI E POSSIBILI SOLUZIONI
La situazione rimane incerta e ci si attende che le autorità nazionali e sovranazionali interverranno adottando delle misure concrete. In questo clima, il 41% dei fleet manager che ha risposto alla survey vuole aspettare di vedere come evolverà la situazione, mentre il 30% sta già valutando azioni concrete e l’11% ha già preso alcune decisioni, tra le quali l’esclusione dalla car policy delle case coinvolte e la valutazione di alimentazioni alternative. Infine, circa un quinto del panel interpellato dichiara che quanto accaduto non influenzerà le decisioni future sulla flotta.
Forte attenzione naturalmente è stata data al tema della tipologia di alimentazione, e nonostante tutto, l’87% dei gestori non intende penalizzare la presenza del diesel in flotta – che ricordiamo essere la più diffusa tra le auto aziendali – mentre il 33% prevede un incremento della presenza di veicoli a metano, a gpl, ibridi o elettrici.
È stato anche verificato quanto sia cambiato, a seguito dello scandalo, l’appeal dei marchi coinvolti verso gli assegnatari di auto aziendali: quello che si evidenzia è una minore preoccupazioni e meno del 20% di essi ha manifestato il desiderio di non utilizzare più autovetture dei suddetti marchi.
CONCLUSIONI
Un forte punto d’attenzione riguarda i costi di ripristino e di eliminazione delle anomalie, per i quali c’è opinione unanime che dovranno essere a carico solamente dei produttori. Ciò che ci si attende è che il disagio provocato agli utilizzatori – che potrà tradursi eventualmente in prestazioni inferiori dopo il richiamo – dovrà essere sopportato ancora per alcuni anni, il tempo necessario perché le flotte a noleggio si convertano interamente ai motori Euro 6. Non è così invece per le vetture di proprietà, che hanno un tempo di permanenza in flotta decisamente più lungo. Inoltre, al momento della vendita dell’usato, queste ultime dovranno sopportare direttamente la perdita di valore delle vetture “incriminate”, mentre per quanto riguarda le flotte a noleggio la perdita di valore residuo peserà interamente sulle spalle delle società di noleggio a lungo termine.
Infine l’analisi ci dice chiaramente come sia fondamentale misurare le emissioni effettive per realizzare una Green Car Policy efficace, soprattutto in funzione dell’utilizzo dei veicoli e del comportamento dei driver. In questo senso non esistono alternative all’adozione della telematica e della black box come principale e più efficace strumento nella rilevazione di questi dati.
APPROFONDIMENTI
Potete utilizzare questo link per avere maggiori informazioni e scaricare l’infografica in pdf.