C’è futuro per l’auto a gas nelle flotte?

Le auto a gas, dopo il “fuoco di fiamma” di tre o quattro anni fa, sono di nuovo tornate nell’alveo di una quota di mercato marginale: sul totale delle immatricolazioni gennaio-marzo 2017 rappresentano una fetta dell’8,5% (gpl 6,0%, metano 1,5%, fonte: Dataforce). Il che significa un volume di immatricolazioni pari a circa 46.000 unità su un totale di oltre 580.000. Sono ormai lontani i tempi in cui il gpl veleggiava ben oltre il 10% e il metano al 5%. Rispetto ai primi tre mesi del 2016, il gpl è cresciuto un po’ (era al 5,5%, il metano è invece sceso di un punto percentuale (era al 2,5%). Ancora meno significativa la situazione nelle flotte aziendali, dove le auto a gas occupano volumi ancora più risicati.

Limitandoci al noleggio a lungo termine, per esempio, i numeri delle analisi di Dataforce ci dicono che le auto ad alimentazione doppia (gpl + benzina e metano + benzina) sono state da gennaio a marzo 2.369, con una quota complessiva del 2,68%. Certo: è un passo in avanti rispetto allo stesso periodo del 2016, quando furono solamente 1.560 (quota: 2,23%), ma analizzando i dati nel dettaglio si vede che gran parte di questo aumento di immatricolazioni sono ascrivibili a Leasys che, notoriamente, con il Gruppo FCA punta da sempre sul gas.

A dire la verità, le alimentazioni alternative gpl e metano non hanno mai attecchito veramente tra gli utenti aziendali. Nonostante una politica commerciale valida da parte di quasi tutti i player, costruttori in primis (FCA, Volkswagen Group, Ford, Renault soprattutto), ma anche da parte dei noleggiatori, che hanno tentato di spingere sulle auto (soprattutto a metano), con canoni più competitivi rispetto a quelli degli omologhi modelli a gasolio. Eppure non c’è nulla da fare: del gas i driver aziendali proprio non vogliono sentire parlare; è una scelta subita forzatamente da chi l’auto non la può scegliere, mentre gli user chooser la scartano a priori. Nonostante le prestazioni siano comunque all’altezza, i costi d’esercizio più contenuti (soprattutto per il metano) e le spese di manutenzione competitive. Anche l’affidabilità, con gli impianti di ultima generazione ormai diffusi al 100%, che prevedono adattamenti specifici ai motori, hanno raggiunto il livello delle altre alimentazioni.

A mio avviso l’ostacolo maggiore è sempre quello della conoscenza. Purtroppo sono pochi gli utenti business che hanno la voglia (e l’opportunità) di testare un ‘auto a gas prima di scegliere. Optare per il gasolio è l’unica opzione presa in considerazione. Eppure, nel lungo periodo, le limitazioni alla circolazione che stanno entrando in vigore ormai in tutta Europa imporranno una riflessione. La tendenza si è già notata, sempre nel noleggio a lungo termine, con la crescita esponenziale di immatricolazioni di auto a benzina (+37% nel 2017), mentre il diesel è cresciuto del 24% (cioè meno della media del mercato del long rent).

I costruttori continuano a sfornare nuovi modelli a gas, magari con un po’ meno convinzione rispetto a qualche anno fa, ma questa strada la seguono sempre. Mi vengono in mente la debuttante Fiat 500 X a gpl, la Golf a metano appena ristilizzata e il fatto che sempre più auto piccole ormai non prevedono più la versione diesel, mentre quella a gas è quasi sempre presente. Per rilanciare il gas in chiave utenza business, ritengo che bisognerebbe tornare a spingere sulla comunicazione diretta alle flotte, e ricominciare con sessioni dedicate di test drive: solo così queste alimentazioni ecologiche potranno tornare in auge. Sembra invece che quasi tutti i player puntino sull’ibrido, che secondo i clienti è la vera alternativa al diesel. Purtroppo, almeno per il momento, non è così: l’ibrido classico, per chi fa tanta autostrada (cioè la maggioranza degli utenti aziendali), non garantisce risparmi confrontabili con il diesel e nemmeno con metano o gpl. Tant’è che la quota di mercato dell’ibrido nel noleggio a lungo termine, quest’anno è stata dell’1,68%. Oltre mezzo punto in meno dello scorso anno. Mentre tra i privati le ibride crescono ancora e sono arrivate al 2,7% di quota. I numeri, insomma, parlano chiaro: l’ibrido, a tutt’oggi, è più per i privati che per le flotte aziendali.

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